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De Porcellanae Fragilitate

uno spettacolo teatrale di Federico Caramadre


De Porcellanae Fragilitate

il testo - lo spettacolo - il cortometraggio

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"FEDERICO CARAMADRE RONCONI O IL MERAVIGLIOSO INVOLONTARIO"

di Memmo Giovannini

« Il critico, che è spesso un timido superiore, non può “confessarsi” se non attraverso persone interposte, che sono gli scrittori e gli artisti di cui ama parlare ».

(Giovanni Macchia, Il mito di Parigi)



 

De porcellanae fragilitate di Federico Caramadre Ronconi conquista immediatamente per la grazia senza tempo della sua esposizione, per il gioco delicato ed involontario della sua magia, con cui traspone la vita quotidiana nella sfera della sensibilità e del mistero. Non sono affatto i problemi e il modo con cui vengono concepiti che rendono quest'opera interessante, ma la sua atmosfera, la sua essenza poetica, la sua dimensione fuori del tempo, ludica e fiabesca.


Nel De porcellanae fragilitate, non manca la dimensione del gioco: Caramadre trova un particolare piacere nell'espressione graziosa, nello stile di scrittura calligrafico; ci sono alcuni brani che per la loro pulizia, il loro ordine e la grazia giocosa, ricordano la arti decorative giapponesi. Questo carattere ludico, questo accontentarsi dell'aspetto estetico, anche là dove quello etico diventa problematico, non è però solo un comodo tenersi lontano da quanto è morale, ma è anche una modesta e affettuosa rinuncia ai giudizi o addirittura alle prediche. Dietro l'apparenza del gioco viene alla luce qui e là l'esteticismo non più ludico, ma autentico, e cioè quell'atteggiamento che dice sì alla vita, perché essa, come spettacolo, è grandiosa e bella non appena la si osserva spassionatamente.

Il linguaggio è il grande amore di questo autore, un amore che lui stesso ha talvolta confessato e talvolta ironizzato. Egli scrive per il piacere del linguaggio, è un musicista puro, e questo conferisce la magia di un'arte tornata quasi ad essere di nuovo natura, di un virtuosismo impiegato in modo quasi nuovamente infantile e innocente.

C'è una legge di corrispondenza nell'evoluzione delle arti, i cui risultati non appaiono che a cose fatte, tanto essi possono essere distanti nel tempo. Raramente le conseguenze di nuove concezioni estetiche sono simultanee, la cosa accade solo quando si incontra un artista completo: pittore, scrittore ed autore drammatico. Caramadre esula dal quadro banale e convenzionale della scrittura per raggiungere quel meraviglioso involontario che rende i suoi protagonisti degli autentici eroi capaci di sopportare la sete e la fame per soddisfare il loro desiderio di conoscenza. I suoi personaggi non scoprono nuovi pianeti, non hanno scambi con esseri intersiderali, ci fanno percepire semplicemente le dimensioni meravigliose del nostro mondo o piuttosto dell'universo particolare dell'artista. Un universo fatto di sensibilità, di pudore, di bontà, di fraternità poetica. E' il mondo così come lo intende un bambino, e Caramadre ci fa penetrare in esso invitandoci al meraviglioso che possiede chi sa ritornare alla purezza originaria.

Persone di tendenza positive e donne di grande carità troveranno frivola questa storia. Rimprovereranno di non rivelare alcun carattere, di essere capricciosa, di gingillarsi con la vita, forse addirittura di non avere cuore e di lasciarsi impressionare da quella sbalorditiva risolutezza con cui l'insignificante occupa il suo posto nel mondo. Ora, questo autore non è certamente, nemmeno con la minima intenzione, un rivoluzionario o un deviante del sentimento, quanto piuttosto, nella maggior parte delle sue reazioni, un uomo amabile e un po' bizzarro; egli difetta, tuttavia, in continuazione nei confronti di quello che è l'inalienabile diritto delle cose del mondo esterno e della sfera interiore: il diritto, ad essere considerate reali da noi. In lui una casa è ora un oggetto reale, ora invece qualcosa che esiste solo sulla carta. Se va in estasi o si irrita, non perde mai la consapevolezza che lo fa con la penna e che le sue sensazioni sono appese a un filo di metallo. Ordina improvvisamente alle sue figure di tacere e alla storia di parlare, come se fosse un personaggio.
Atmosfera da marionette, ironia romantica; ma anche qualcosa in questo scherzo, che ricorda Calvino, dove la gravità di rapporti reali comincia all'improvviso a scorrere progressivamente sul filo di un'associazione di parole; solo che questa associazione non è mai, in Caramadre, puramente verbale, ma è sempre un'associazione che riguarda anche il significato, cosicché la linea del sentimento, che egli sta seguendo, nel momento di sollevarsi per un grande slancio, cambia direzione e procede oscillando soddisfatta verso una nuova attrazione. Che non si tratti di un passatempo non mi sento, di affermarlo nettamente; ma non è comunque - malgrado il dominio non comune della parola, di cui ci si potrebbe innamorare - un passatempo da scrittore, bensì un passatempo di natura umana, pieno di delicatezza, fantasticheria, libertà e della ricchezza morale di uno di quei giorni apparentemente inutili, indolenti, in cui le nostre più salde convinzioni si allentano in una piacevole indifferenza.
Il suo universo magico presenta un certo numero di costanti che ne fanno un mondo primordiale.

Sono stati già sottolineati i caratteri di sobrietà della sua parola. La sua precisione meccanica nello smontare e nel rimontare un mito rivela uno humor definitivamente liberato dal riso, rigoroso come il super-Io da cui procede. Esaminando De porcellanae fragilitate, si pensa ai quadri meccanomorfi di Picabia e ancor più a La Mariée di Marchel Duchamp. Vi si ritrova la stessa precisione nell'elaborare una meccanica gratuita, funzionante a vuoto, la quale si rifiuta di servire un'umanità schiava della macchina per prestarsi solo al gioco dell'immaginazione.

De porcellanae fragilitate è testo non facile. Poiché mentre siamo abituati a vederci muovere contro gli enigmi dello stile da opere d'arte più o meno curate, pianificate, intenzionali, qui siamo di fronte a un inselvatichimento del linguaggio del tutto involontario - in apparenza - e tuttavia attraente e affascinante; davanti a una trascuratezza, inoltre, che presenta tutte le forme, dalla grazia fino all'amarezza. In apparenza, dicevamo, involontariamente. Si discute se questa involontarietà sia anche reale. Ma certamente ciò non può impedire di esaminare a fondo questa trascuratezza. Abbiamo già detto che essa ha tutte le forme. Ora aggiungiamo: a eccezione di una. E cioè di quella che è la più corrente. E per la quale conta il contenuto, e null'altro. Per Caramadre il "come" del lavoro è tanto poco una cosa secondaria che tutto ciò che egli ha da dire passa completamente in seconda linea di fronte all'importanza dello scrivere. Si potrebbe dire che si esaurisce nello scrivere. Ciò richiede una spiegazione. E qui incontriamo, in questo scrittore, il suo pudore. Non appena ha preso in mano la penna entra in uno stato di smarrimento. Tutto gli sembra perduto, è sopraffatto da un profluvio di parole in cui ogni frase ha solo il compito di far dimenticare quella precedente. Si tratta certamente di qualcosa di simile. Questa imperizia casta, raffinata in tutte le cose del linguaggio è eredità del folle. Se Polonio, il prototipo della loquacità, è un giocoliere, Caramadre si incorona bacchicamente di ghirlande di parole che lo fanno inciampare e cadere. La ghirlanda è di fatto l'immagine delle sue proposizioni. Ma il pensiero che inciampa in esse è un perdigiorno, vagabondo e genio, come i personaggi di De porcellanae fragilitate.

Da dove provengono questi personaggi? Provengono dalla notte, dove essa è più nera, da una notte parigina, se si vuole, illuminata dai lampioni della speranza, con una qualche luce di gioia negli occhi, ma sconvolti e tristi al punto di piangere. Ciò che essi vogliono dire è poesia. Poiché il singhiozzo è la melodia della loro loquacità, cioè follia, e basta. Sono personaggi che hanno dietro di loro la follia, e per questo restano di una superficialità così straziante, così interamente inumana, così imperturbabile. Se si vuole indicare con una parola ciò che essi hanno di felice e inquietante, si può dire che sono tutti guariti.
Questa storia è di una delicatezza del tutto inconsueta, questo lo può capire chiunque. Non tutti invece vedono che in essa non c'è la tensione nervosa della vita decadente, ma l'aria pura e forte della vita che guarisce.
Tutti i personaggi del De porcellanae fragilitate condividono questa paura. Ma perché? Certamente non per orrore del mondo, risentimento o pathos morale, ma per motivi interamente epicurei. Essi vogliono godere se stessi. E per questo hanno un'abilità del tutto inconsueta. Ne hanno anche diritto in modo del tutto inconsueto. Poiché nessuno gode come colui che sta guarendo. Non vi è in lui assolutamente nulla di orgiastico: la corrente del suo sangue rinnovato risuona alle sue orecchie come acqua di torrente, e il soffio più puro delle sue labbra è aria delle vette. I personaggi di Caramadre condividono questa nobiltà infantile con quelli della fiaba, che scaturiscono anch'essi dalla notte e dalla follia - quella del mito. Si pensa solitamente che questo risveglio si sia compiuto nelle religioni positive. Se è così, ciò non è comunque avvenuto in una forma molto semplice ed univoca. Che si ritrova invece in quel grande incontro e conflitto profano con il mito che è rappresentato dalla fiaba. E' ovvio che i personaggi delle fiabe e del mito non sono semplicemente analoghi a questi. Lottano ancora per liberarsi dal dolore.

De porcellanae fragilitate comincia dove cessano le fiabe.

Così De porcellanae fragilitate è là dove non sembra si trovi, e si trova sempre in un luogo diverso da quello in cui lo si pensa. Stranamente abita nella casa del tempo, sotto la scala, là dove tutti gli debbono passare davanti, e nessuno lo nota. E' simile al principe pellegrino dell'antica leggenda, cui venne imposto di abbandonare la sua principesca dimora e i suoi familiari per recarsi in Terrasanta; e quello ritornò, ma prima che varcasse la soglia, gli venne imposto di rientrare in casa sotto le spoglie di un mendicante sconosciuto, e di abitare nel posto che la servitù gli avrebbe indicato. I servi gli mostrarono il sottoscala, dove di notte dorme il cane. Là vive, egli vive, e ode e vede la moglie, i fratelli e i figli, quando salgono e scendono la scala, parlano di lui come d'uno scomparso, anzi di un morto, e lo piangono. Ma gli è imposto di non darsi a riconoscere, e così vive non riconosciuto sotto la scala della propria casa.
Questa vita non riconosciuta nella propria casa, sotto la scala, al buio, accanto ai cani; straniero eppure in patria: come un morto, come un fantasma, sulla bocca di tutti, padrone delle loro lacrime, composto con amore e venerazione; vivo, battuto dall'ultima delle sguattere e additato ai cani; senza ufficio in quella casa, senza occupazione, senza diritti, se non di oziare, di rimanere sdraiato, di pesare tutto questo dentro di sé, sui piatti di una bilancia invisibile, di pesare tutto questo continuamente, giorno e notte, e di provare una pena infinita, un godimento infinito. Ognuna di quelle cose è una ferita aperta nella sua anima e fiammeggia una volta come un carbone sul suo abito celestiale. Questa vita misconosciuta vuole essere soltanto un'analogia venutami in mente avendo letto tempo fa, nel libro Gesta Romanorum, questa leggenda. Credo che ciò abbia la forza di condurci oltre, portandomi a parlare di una cosa che non è meno fantastica e pure è strettamente legata a quanto noi ci contentiamo di chiamare “la realtà”, “il presente”; legata al modo in cui io vedo la prosa dell'autore del De Porcellanae Fragilitate abitare nella casa di questo nostro tempo, in cui lo sento dimorare e vivere in questo presente, in questa realtà che ci è dato abitare.
Nella scrittura di Federico Caramadre il Presente è contesto in modo indescrivibile al Passato; nei suoi pori del suo stesso corpo egli sente la vita vissuta in giorni passati, la vita di antichi, mai conosciuti genitori e progenitori, di popoli scomparsi, di età morte; il suo occhio, coglie tuttavia - e come si potrebbe impedire? - il vivo fuoco di astri che il gelo dello spazio ha divorato da tempo. Poiché questa è l'unica legge alla quale egli sottostà: non interdire a nessuna cosa l'accesso nella propria anima.
Ma codesto inafferrabile rapporto esiste. Esiste De porcellanae fragilitate, pieno della sua potenza sopra l'anima, sopra i sensi. Il libro esiste e bisbiglia dove è da tirare fuori gioia nella vita, e come la gioia scorra via, come si acquisti il dominio sugli uomini e in esso il concetto della saggezza e il concetto della seduzione. E' lì, e tace e parla, ed è tanto più ambiguo, pericoloso, misterioso, quanto tutto in questo nostro tempo estremamente inafferrabile, in questo tempo poetico nel senso più alto, è più ambiguo, potente e misterioso. De porcellanae fragilitate è un elemento della vita, un estremamente ambiguo, sfuggente, pericoloso, magico elemento della vita. Ma nelle mani di ogni lettore è qualche cosa di diverso, e vive soltanto quando incontra un'anima vivente. Posso parlare soltanto per coloro per cui esiste il fatto poetico. Poiché i poeti sono coloro che eternamente rispondono, e senza quelli che domandano colui che risponde è un'ombra.
La prosa di Caramadre si abbandona alla visione della vita intimamente penetrata o in un inaudita apparizione di figura orfica, e simbolicamente vive il più misterioso parto del tempo, quello che nasce sotto la pressione del mondo intero, su cui posa l'ombra del passato, vibrante sotto il mistero dell'imperioso presente, mentre vive tutto questo, De porcellanae fragilitate, vive la felicità di aleggiare sicuro nella caduta dell'esistenza, l'idea del proprio tempo si dissolve, e futuro come passato si fondono in un solo presente.



IL SOGNO REALIZZATO: DE PORCELLANAE FRAGILITATE

Al termine di questa analisi c'è da dire ancora che De porcellanae fragilitate è stato rappresentato in un teatro di Roma, distinguendosi per il suo rifiuto al realismo e ai fasti della messa in scena, ma per la sua dimensione poetica.
De porcellanae fragilitate è un teatro della parola più che dell'azione, ma ha beneficiato di una messa in scena dove lo spazio, in cui gli attori agiscono in piani diversi tutt'intorno agli spettatori, è tutto un giocare; dove parola, suono e danza introducono la proiezione cinematografica, il video e la musica come parte integrante della rappresentazione. Il tutto in una cornice di spettacolo dove è presente anche il tango, il quale non è solo una danza, né un genere musicale, né una forma poetica, ma è anzitutto la forma espressiva di una collettività e di relazione tra i sessi, e la voce del bandoneon va al cuore del tango per andare oltre una solitudine che attanaglia.
Quest'opera, di un lirismo molto alto, si presenta sotto una forma semplice. Lo scrittore ha rinunciato, salvo che per il titolo simbolico, al linguaggio bruciato, cioè alla liberazione sperimentale delle parole poste in gioco le une con le altre. Non c'è artificio del vocabolario, né del linguaggio scenico o gestuale, entriamo senza sforzo in questo universo particolare in cui il possibile e l'impossibile si trovano conciliati, in cui tutti i legami logici sono aboliti. Il teatro accetta benissimo questa assenza di razionalità, tanto più che l'opera è trattata con fantasia ed è piena di una poesia del quotidiano.
Vi si ritrova la gentile ironia dell'autore, e la poesia della vita come la si poteva provare quando gli spegnitori di lampioni passavano ancora con la loro lunga pertica nell'ora in cui gli straccivendoli scavano nelle pattumiere; o nei primi piccoli caffè aperti alle prime luci dell'alba; questa poesia fa sì che Federico Caramadre Ronconi resti, anche quando scrive per il teatro, un mirabile poeta che ci apre le porte che danno sull'infinito.
Se il pubblico è poco incline a prendere esso stesso le sue responsabilità nel domino della creazione bisogna sperare che capirà De Porcellanae Fragilitate che, con il sogno e l'amore, vuole rivelarci le prospettive della vera vita. Quelli che chiedono di ribellarsi contro la triste condizione umana, in quest'epoca votata sempre più a degli avvilenti imperativi economici... vorremmo che questa lezione sia infine capita.
 

Memmo Giovannini




www.federicocaramadre.com

IL TESTO
(download file Zip 38KB)


La RECENSIONE
(download file completo rtf 28KB)

 


Il cortometraggio
 

LA SCENEGGIATURA
(download file rtf 14k)

 

 

...a proposito dello spettacolo:


Short movie
 

SCREENPLAY
(download file rtf 15k)
DIALOGUES
(download file rtf 14k)
 

 


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