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Sez. Lexis |
Ricerca & Critica: ARTE CONTEMPORANEA © HermesArtStudios |
a cura di HermesArtStudios
in collaborazione con BJ Eventi & Immagine
con il Patrocinio della Provincia di Viterbo
e dell'Accademia delle Belle Arti di Roma
7 GIORNI 7 ARTISTI 7 GRANDI OPERE
« I giorni della settimana, i pianeti, i gradi di
perfezione,
le sfere celesti, i sigilli, le trombe, i troni, le teste,
i flagelli, le coppe, i re, i petali della rosa…
Eliseo starnutisce sette volte ed il fanciullo resuscita »
(Opera «7»; Luigi Fabrizi)
Sette artisti. Sette giorni. Sette opere.
Sette testi critici. Sette sacramenti.
Sette peccati capitali. Sette opere di misericordia.
Dando seguito all’esposizione “Arte Sacra e Icone bizantine”, organizzata con la
partecipazione del Pontificio Collegio Greco di Roma, la scuola di pittura
dell’autore di icone greco Stefano Harmakolas, l’artista teologo bulgaro Bogdan
Konstantinov Patachev, e dell’Esarca Apostolico di Sofia Christo Proykov, che ha
visto la celebrazione della Santa Messa in rito bizantino-greco, presieduta dal
Rettore del Collegio padre Ambrogio, con parti di canti bizantini in greco delle
funzioni Solenni in San Pietro eseguiti dal coro del Collegio, questo secondo
appuntamento quadriennale sull’arte sacra, verte sulla ricorrenza simbolica del
numero sette: il numero sacro degli Ebrei, molto presente nelle tradizioni
giudaiche e cristiane.
Sette: numero iniziatico, qui preso a spunto per un’esposizione d’arte sacra
contemporanea, nell’intenzione di affrontare a volto scoperto una debacle
storica: quella secondo cui l’autore moderno debba frequentare una produzione
decisamente più orientata all’ambito del profano, a discapito dei temi sacri,
fattore invece obbligato, quest’ultimo, per gli artisti italiani operanti tra
medioevo e rinascimento. I secoli precedenti, la storia del papato e della sua
meravigliosa eredità artistica, la committenza privata dei devoti e delle
congregazioni, restano in proposito degli esempi eclatanti da conservare a
futura memoria.
Cosa è cambiato in questo lasso di tempo? Sono davvero i professionisti delle
arti che non riescono più ad interessarsi della rivelazione e del mistero?! O
più semplicemente dipende dalla latitanza attuale di quelli che una volta erano
i loro principali committenti?!
Se, da una parte, le istituzioni sono impegnate nel risolvere il groviglio della
conservazione dell’enorme mole rappresentata dai beni artistici del passato, e i
custodi della fede, anziché occuparsi di assicurare un fertile rinnovo delle
coscienze attraverso i linguaggi creativi moderni, sono obbligati a confrontarsi
con l’abbandono dei precetti da parte di una società sempre più laica, e al
tempo stesso sempre più bisognosa di spiritualità e di valori etici, come si
inquadra il compito di un artista che operi a cavallo dei tempi moderni?!
Una esposizione certo non può risolvere l’interrogativo, ma la ricerca estetica
di ogni singolo autore, scelto per questa iniziativa culturale ad alto
contenuto, sottende al confronto che si è tenuti a fare, a volte nostro
malgrado, con i grandi e i piccoli temi della quotidianità, elevandola alla
qualità del “Sublime” (Pseudo-Longino, II sec. A.C.), con l’obiettivo intrinseco
di glorificarne gli aspetti più intrinseci e meno palesi, di sublimarne le
pregnanze, di affidarla al mito.
Si è fatto e si continua a fare un gran terrorismo intellettuale su questa
questione, trincerando l’ipotesi di un giudizio sommario dietro l’ipocrisia del
paravento fornito dal “gusto popolare”, o dalla tesi secondo cui il prodotto
autoriale debba necessariamente incontrare i favori dei neofiti delle discipline
creative, fino a sostenere, in un paradigma assolutamente affrettato, che l’arte
è arte quando non si capisce, e allo stesso tempo che non è arte di qualità se
il prodotto non trova un buon riscontro nell’ambito del mercato. Presunzioni
inaccettabili entrambe, ma se la "merda d’artista" vale quello che vale (v.di
Manzoni, ndr.), allora la vera questione sarà solo riconoscere un vero artista
da uno improvvisato, cosa che, nella società contemporanea, è più semplice di
quanto si possa pensare. Esistono dei postulati, e delle regole basilari: il
parametro con il quale poter approcciare a un giudizio sereno del livello
qualitativo, non è più la capacità di gestione del bello dell’artista o presunto
tale (il “bello”, in arte, rimane una categoria soggettiva e affatto
democratica), ma lo stacco netto che viene a crearsi tra amatorialità e
professionismo, poiché, al dunque, di operosità e di lavoro si tratta, e di
imprenditorialità creativa e culturale pure, che al pari di un qualsiasi altro
settore produttivo, anche quando non venga sostenuta dalle istituzioni, può
essere recuperata dai privati, oggi i veri sostituti di vescovi, signori,
cardinali e dame di corte dei secoli migliori.
Questo il compito dell’artista, che egli ne sia consapevole o meno (e quello
della consapevolezza e della coscienza di sé sarebbe certo altro capitolo
estremamente affascinante da affrontare), ovvero quello di produrre “a suo
modo”, attraverso i “suoi linguaggi”, quella “evangelizzazione del territorio”
necessaria a un accrescimento culturale e sociale allargato. Porre uno sguardo
“dal di qua”, “al di là” dell’apparente, mostrando il “suo mondo”, senza pudore,
con l’entusiasmo di un bambino che impari un nuovo gioco e che non veda l’ora di
mostrarlo all’amico, ed esporsi senza remore né filtri al pubblico ludibrio di
un’affrettata “crocifissione”, di cui sopra, è la più passionale conquista
dell’operatore artistico.
Allora sette testi critici, che rappresentano sette peccati capitali, e sette
opere di grande formato, che non sono altro che sette opere di carità e
misericordia che ogni singolo artista devolve all’altro da sé, come sette
sacramenti (la metafora esistenziale), messi in mostra per sette giorni
(l’ordine rituale e semantico): la somma delle categorie prescelte darà comunque
un unico risultato: sette.
Secondo alcune tesi accreditate, specie di psicoanalisi, i sette peccati
sarebbero in realtà “Uno”: quello capitale, rifacendosi, per capitale,
all’etimologia: dal latino caput, “ciò che riguarda il Capo” (v.di “la
divinità”, ndr.).
L’ordine conosciuto con il quale i peccati vengono ritualizzati è il seguente:
1) la superbia
2) l’avarizia
3) la lussuria
4) l’ira
5) la gola
6) l’invidia
7) l’accidia
Per ritualizzare una continuità tematica dal punto di vista formale, sganciata
dai microcosmi dei “credo”, ma etica nei contenuti, detto ordine è stato
mantenuto, nella maniera del tutto casuale (nel significato surrealista del
termine) e arbitraria, per l’abbinamento ai testi critici, a loro volta
associati alle opere secondo l’ordine alfabetico in cui sono presentati gli
autori (v.di “priorità della forma”; ndr).
I sacramenti rispondono a un apparentamento concettuale del tutto inverso: se
l’opera è essa stessa intesa dall’artista come un rito purificatore e “sacrale”,
in cui il “Sacro Fuoco dell’Arte” provvede a mantenere accesa la fiamma della
speranza, l’attribuzione rispecchia hic et nunc il significato intrinseco del
modus operandi dell’artista medesimo (v.di” valore del contenuto”; ndr).
A latere le opere di misericordia, quattordici nel totale fra sette corporali e
sette spirituali, tra le quali solo sette sono state prese a spunto e
reimpaginate nell’ambiguità poetica degli stili, volutamente eterogenei per
tipologie e modalità realizzative, in funzione di un parallelo tematico del
tutto soggettivo e affidato liberamente ad ogni singolo autore.
Dunque sette possibili connessioni tra tematiche religiose e artistiche che, in
un interesse generale e di più lungo percorso, quello dell’appropriazione del
“bello formale” (questo sì oggettivo, e che tende a un netto miglioramento
della qualità della vita), si collocano idealmente in un contesto di
“trasversalità” attraverso geografie e periodi storici, nella
divertita chance di costruire un ponte immaginario tra antico e moderno.
“Noi abbiamo dottrina di non
cercar la divinità rimossa da noi, se l’abbiamo appresso, anzi di dentro,
più che noi medesmi siamo dentro a noi“
(Giordano Bruno; La Cena de le Ceneri, dialogo primo)
FCR
HermesArtStudios
ARTE SACRA CONTEMPORANEA
Pag. - Titolo
08 - Testo critico di Luigi Senise
09 - Opera di Alessandro Baronio, “Il crocifisso 110304 è nel vuoto...”
10 - Testo critico di Paola D’Andrea
11 - Opera di Federico Caramadre Ronconi, “Omaggio a Francesco...”
12 - Testo critico di Andrea Romoli
13 - Opera di Davide Orlandi Dormino, “Cristo Rei”
14 - Testo critico di Piera Peri
15 - Opera di Pietro Lama, “S.Camillo de Lellis”
16 - Testo critico di Pietro Boschi
17 - Opera di Vincenzo Montini, “Le tentazioni di S.Antonio”
18 - Testo critico di Bruno Di Marino
19 - Opera di Sukran Moral, “Despair”
20 - Testo critico di Silvano Moretti
21 - Opera di Silvia Ramponi, “I.N.R.I.”
- HermesArtStudios: Dieci anni di Arte
HERMES EDIZIONI
pagg. 24 quadricromia
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