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 INSTALLAZIONE D'ARTE  SOGGETTO CINEMATOGRAFICO  SPETTACOLO TEATRALE

Progetto d’arte interdisciplinare, “Merce Fragile”. Nasce come installazione scenografica, diviene scrittura drammaturgica e infine soggetto cinematografico

 

"MERCE FRAGILE"

Scrittura drammaturgica

Scheda

 

“Merce Fragile” è un testo che fa riferimento allo sterminio, alla sopraffazione tra popoli.

L’atrocità, l’assurdo, e la tremenda attualità dei contenuti, ruotano intorno a un racconto senza filtri tra due donne che tentano a loro modo di sopravvivere psicologicamente a un delirio. La merce umana, intesa come carico trasportato dai treni della deportazione, è solo uno degli aspetti inquietanti della vicenda.

In scena: 2 donne.

 

Premessa

I nomi dei personaggi sono fittizi, qui utilizzati solo per una più immediata identificazione. In scena non si chiameranno mai per nome tra di loro.

L’azione è ambientata in interni, ed è suddivisa in più momenti nel corso di qualche mese: tutto è consentito. Non sono previsti riferimenti alle identità razziali, storiche o militari, l'azione si svolge in uno spazio contenitore caratterizzato dall'installazione d'arte contemporanea omonima.

Personaggi

DONNA 1      una donna sui cinquanta

DONNA 2      una donna sui venti


Ingrandisci immagine "Merce fragile"

Spettacolo teatrale

Scheda

 

 

nuova drammaturgia europea

scritto e diretto da Federico Caramadre Ronconi

con

Alessia Berardi

e

Francesca Sanna

 

e con la partecipazione di

Lina Bernardi

Parisina Antonozzi

 

Lo spettacolo teatrale racconta la storia di due donne deportate dal Governatorato Generale di Varsavia nel campo di Belzec. Il carico umano, inteso come “merce fragile”, è il centro emotivo della vicenda, che di là dalla situazione storica da cui trae origine, concentra l’attenzione sui “piccoli orrori quotidiani” scatenati dai conflitti tra i popoli.

Ingrandisci articolo "Merce fragile" da IL GIORNALE Ingrandisci articolo "Merce fragile"

Regista assistente Irene Pantaleo

Costumi Sabrina Beretta

Assistente costumista Rosanna Di Caprio

Parrucche Roberto Paggi

Coreografie del regista

Installazione e progetto scenografico di Federico Caramadre e Davide Dormino

www.federicocaramadre.com

www.davidedormino.it

Opere d’arte contemporanea degli artisti

Alessandro Baronio, Federico Caramadre, Tommaso Cascella, Elise Desserne, Davide Dormino, Federico Paris

© Federico Caramadre; 2004
© Hermes Studi d’Arte Associati; 2005

Progetto sostenuto da Hermes Studi d’Arte Associati, già Medaglia della Presidenza della Repubblica per attività culturali,
 


 

"MERCE FRAGILE"

Soggetto cinematografico

di Federico Caramadre Ronconi

Siamo nel 1942: buio, bagliori, sferragliare della carrozza di un treno che percorre i binari. Gemiti, lamenti soffocati, singhiozzi. Due donne s’intravedono in un angolo, pigiate contro un portellone dalla calca umana. Una musica ipnotica sottolinea i movimenti precisi e reiterati.

Tullia, 40 anni circa, e Mina, poco più che ventenne, sono deportate dal Governatorato Generale di Varsavia nel campo di concentramento di Belzec, insieme ad altri quattromila prigionieri.

Una volta al campo, un altoparlante, gracchiando, le invita a spogliarsi, a depositare le scarpe in un mucchio alto venticinque metri legandole le une alle altre “per poterle ritrovare”, e a recarsi dal “parrucchiere” (un aguzzino con le forbici e sacchi di capelli tutt’attorno), intento a rasare donne e bambine. Una guardia ungherese le conduce nella loro baracca di legno, una delle dieci presenti nel campo, dove in sostanza nude passeranno il tempo a raccontarsi il tremendo viaggio sostenuto fin lì, e a tentare di darsi spiegazioni su quelle che credono essere rigide misure sanitarie atte ad evitare il dilagarsi di una non meglio paventata epidemia.

Dopo qualche giorno, appare subito chiaro a Tullia, più disincantata a causa della differenza d’età, che probabilmente non faranno mai ritorno a casa, ma la donna, protettiva verso la più giovane, nega l’evidenza dinanzi a Mina, della quale vuole salvaguardare almeno l'immaginazione e la speranza.

È trascorso un mese: a causa di un “disinfettante” che un’infermiera versa ogni giorno nelle caldaie della zuppa e che la rende di sapore acidulo, le due donne non hanno più mestruazioni, e accusano la comparsa di chiazze rosse sul collo e sull’addome e piaghe sulla lingua. Mina, per sopravvivere agli stenti, decide di trovarsi di che nutrirsi compiacendo il capo campo, e suggerisce a Tullia di fare altrettanto, ma la donna non intende scendere a compromessi e si adatta a mangiare bucce di patate sottratte dalle cucine, incorrendo presto in evidenti sintomi di dissenteria.

Nel frattempo arrivano altri treni, carichi di “merce fragile”, che stazionano spesso per giorni a cinquanta chilometri di distanza dal campo su binari morti, in attesa che si crei nuovo posto al campo. Ogni giorno assistono a un piccolo dramma: si racconta di camion che attraversano il piazzale a velocità ridottissima in modo che il motore produca molto fumo convogliando il tubo di scarico all’interno del vano merce carico di persone.

Sono trascorsi tre mesi. Oramai tacitamente consapevoli entrambe, pur continuando a fornirsi spiegazioni astruse per non cedere alla disperazione, Tullia e Mina si preparano finalmente per il loro ritorno a casa, tanto agognato. Per l’occasione sarà concesso loro di cambiarsi l’unica veste che hanno indosso da mesi, e finalmente, di lavarsi.

Tullia e Mina, tenendosi per mano, sorridenti, si avviano alla loro ultima doccia.

 

NOTA

L’idea di “Merce Fragile” nasce da un testo drammaturgico inedito che tratta di martirio e Shoah, per un progetto di carattere europeo, a due soli personaggi principali, che racconta la vicenda umana di due donne deportate nel campo di concentramento di Belzec, da cui non faranno ritorno.

L’atrocità, l’assurdo, e la tremenda attualità dei contenuti, ruotano intorno a un racconto senza filtri, restituito dalle evasioni tutte mentali delle protagoniste, che tentano a loro modo di sopravvivere a un delirio, in cui sono descritte con una cronaca storicamente attenta ma impietosa, le atrocità inflitte ai prigionieri, dagli esperimenti chimici alle modalità brutali della gassazione.

L’azione è ambientata in interni, ed è suddivisa in diversi momenti narrativi divisi nell’arco di qualche mese. La crudezza del dramma non è estranea a una sottile e trasognata poeticità, data dal racconto vivo della donna più anziana, consono alle tragicomiche inquietudini del nostro tempo, ma che si presta ad essere cronaca dettagliata della tragedia della deportazione e del campo di concentramento attraverso gli occhi ingenui della donna più giovane, in una partitura giocosa e terribile, di prorompente originalità.

Una scrittura per un racconto filmico a due personaggi, due individui in disarmo, due donne, grazie all’immaginazione, ai ricordi, alle speranze, e ai racconti delle quali viene messo in scena tutto il grottesco di un'assurdità che non deve essere dimenticata. Gli episodi cruenti, come le fucilate di massa di vecchi e bambini, le fosse comuni, o il carico di lembi di carne umana sui fondi di calce viva dei treni, non vengono raccontati dalle immagini, ma evocati dal dialogo senza filtri delle due protagoniste. Nessuna concessione alla spettacolarizzazione del dolore, ma un’analisi accorata e attenta attraverso una sintassi asciutta fatta di dettagli fotografici, che raccontano intimi drammi psicologici, e una forte prova attoriale, sono alla base del progetto cinematografico. Le scene corali, raccontate più per sottrazione che con le presenze, e il clima storico, sono restituiti da una scelta registica che privilegia l’intimità del racconto a discapito degli effetti scenici e dei documenti di repertorio.

Per questo la sceneggiatura si basa sulla crudezza e sulla verità di quanto di più atroce l’uomo sia stato in grado di commettere, ma con formula attuale, in una cronaca accorata e senza sconti, restituita dall’emotività sottile dello sguardo semplice e cinico di queste due donne alla mercé di se stesse e del loro dramma personale.

La merce umana, intesa come carico trasportato dai treni del Reich, è solo uno degli aspetti inquietanti della vicenda. Presto il prossimo treno arriverà alla sua ultima destinazione, e in una delle dieci baracche del campo si consumerà un dramma umano dagli sviluppi angosciosi e ancora poco noti.

Un viaggio breve, ma intensissimo, atroce e calcolato, adatto allo scopo che si prefigge: usare l’arte cinematografica come viatico della memoria storica e dei sentimenti.


"MERCE FRAGILE"

Sceneggiatura di cortometraggio

soggetto di Federico Caramadre Ronconi

sceneggiatura di Federico Caramadre e Lorenzo Grasso

Merce fragile è la storia di due donne deportate dal Governatorato  Generale di Varsavia nel campo di Belzec e del loro carico umano vissuto dentro i “piccoli orrori quotidiani”.

Il progetto si basa su ricerche di testimonianze reali, tese a costruire un percorso drammaturgico che restituisca intatto, attraverso la semplice crudezza dei dialoghi, il dramma umano vissuto dalle protagoniste. L’aspetto “documentaristico”, più proprio di una fase di ricerca, vuole essere inteso a servizio della finzione scenica, più utile alla rappresentazione di una vera tragedia, ma senza sconti, senza edulcorare le atrocità commesse nei campi di sterminio, e raccontando invece il dettaglio dell’assurdo nei piccoli discorsi quotidiani, quelli dell’ordinaria sopravvivenza.

 

presentazione in anteprima e lettura scenica interpretata da

Gisella Burinato

Annalisa Picconi

Paolo Salomone

Nicola Trevisan

Credits by Mediavox & Sound


"MERCE FRAGILE"
progetto multimodale

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